Bisogna ringraziare l’Assessora Barbara Evola che, con il suo rifiuto a mettere i vigilantes nella Scuola Falcone dello ZEN, ha impedito che fossero cancellate tutte le conquiste sociali e umanistiche che hanno caratterizzato il secolo scorso.
C’è un principio fondamentale che mi è stato trasmesso nei miei lunghi studi ed esperienze lavorative presso il Reparto di Neuropsichiatria Infantile del Policlinico, caratterizzati dalla presenza di Basaglia, Bollea e Canziani. Il principio è: nelle situazioni sociali difficili, nell’approccio ai problemi familiari e dei bambini, per prima cosa, bisogna chiedersi ‘perchè?’.
Se subito si colpevolizza il soggetto che crea problemi (che è la cosa più facile), hai chiuso. Hai messo a posto la tua coscienza, ma hai condannato per sempre ‘il colpevole’, il quale viene spesso individuato nella famiglia, sopratutto nelle madri.
Da quì era nata, nel secolo scorso, la necessità di togliere i soggetti disturbanti dalla società ‘sana’ e rinchiuderli. Oltre che nei manicomi e negli istituti, anche la creazione delle favelas e delle periferie ha fatto parte di questa logica. In quest’ultimo caso, nel quale era una intera popolazione ad essere rinchiusa, c’era l’ulteriore vantaggio che, ignorandola, lo Stato non spende niente, con un notevole risparmio pubblico. E questo vale anche per lo ZEN.
Quando, agli inizi degli anni 80, la nostra associazione ha iniziato il suo lavoro allo ZEN 2, tutti erano sicuri che avremmo fallito, che saremmo stati cacciati come era successo per altri tentativi. In verità, abbiamo iniziato collaborando con la Scuola Sciascia, l’unica allora esistente, ma capimmo subito che vi incontravamo ‘i migliori’. L’evasione scolastica era, come lo è in parte ancora, molto diffusa.
Bisognava raggiungere i bambini, i ragazzi più bisognosi d’aiuto, là dove erano, nel quartiere.Con l’aiuto di una giovane mamma sensibile (ce ne sono tante), che abitava allo Zen 2, aprimmo un piccolo centro sociale dentro una delle ‘insule’. Si chiamano così i palazzoni anonimi tutti uguali. E mai nome fu più appropriato, dato che la loro struttura è fatta proprio per isolarne gli abitanti. Hanno un bel cortile interno, dal quale tutti devono passare quando escono di casa, e questo per le donne più giovani induce un terribile controllo sociale.
Capimmo che bisognava aiutare anzitutto le mamme. Erano giovanissime e l’isolamento unito alla prospettiva di giornate tutte uguali, induceva in loro una depressione che le faceva dormire sino all’ora di pranzo. E i bambini con loro. Era questa una delle principali ragioni dell’evasione scolastica dei più piccoli (per i più grandi era il lavoro precoce, dato che allora ancora non era iniziato lo spaccio di droga).
Iniziammo ad andare a fare visita alle mamme, ci facevamo offrire il caffè (felici di usare finalmente il servizio buono) e parlavamo, parlavamo dei loro problemi. Diventammo le loro uniche amiche, di cui si fidavano. Nell’interesse dei loro bambini dovevano uscire dalla depressione. E per i bambini è importante vedere le loro mamme felici. Iniziammo a farle venire in tutte le occasioni di svago dedicate ai figli: gite a mare, serate in pizzeria, ecc…
Questo semplice e umano approccio ha contribuito a farci accettare e amare, in questi vent’anni, dagli abitanti del famigerato ZEN 2.
So bene che eravamo avvantaggiati dall’essere una struttura privata. Ma ‘est modus in rebus’. Ho visto mamme piangere leggendo nel diario scolastico dei loro bambini “signora, si occupi di più dei suoi figli”. E la loro giornata era dedicata esclusivamente a loro. Ovviamente all’accudimento e non all’aiuto allo studio, che non erano in grado di dare perchè in maggior parte semianalfabete.
Certamente lo ZEN è un quartiere sfortunato, non solo perchè periferia particolarmente isolata e dimenticata, ma perchè oggetto nella stampa solamente di critiche e colpevolizzazioni. Questo ha creato un marchio negli abitanti e nei tanti giovani bravi e onesti che si vedono inaccettati nel lavoro e nelle scuole cittadine quando continuano gli studi. Sappiamo di ragazze che negano di abitare allo ZEN e si fanno accompagnare dagli amici in Via Lanza di Scalea, facendosi di corsa, di sera e a piedi, il percorso sino a casa.
E’ poi inspiegabile perchè le due scuole siano state costruite quasi al di fuori del quartiere, come a indurre alla estraneità la Scuola dal quartiere e viceversa.
Credo sia opportuno chiedere al Sottosegretario Rossi Doria di fare un progetto per l’istruzione allo ZEN.
So che è stato chiamato in altre realtà e che sono sorte, tra gli insegnanti, Associazioni di Maestri di strada.
Certamente si è fatto di tutto per non fare amare la scuola, allo ZEN. A cominciare da quando, ultimata la costruzione della Scuola Falcone, passarono mesi prima che potesse funzionare, perchè nessun PIP voleva svolgere il ruolo di custode, insediandosi nella palazzina apposita (e non per paura).
Vi fu allora un incontro tra il Sindaco Leoluca Orlando, il Questore, il Prefetto e la nostra Associazione. Non c’era l’attuale crisi e l’Assessore Siragusa aveva pensato a due ottimi progetti chiamati ‘Tempo d’estate’ e ‘Tempo d’Inverno’, che consistevano in attività pomeridiane sino a tarda sera presso la Scuola e che vennero affidate alla nostra Associazione. Prevedevano che fossero aperte anche ai non frequentanti. Funzionò benissimo.
Bisogna anche ricordare che, in seguito, la Scuola fu oggetto di scelte sconsiderate che hanno contribuito al suo rifiuto. Infatti l’alto numero di iscrizioni costrinse ad attuare anche i tripli turni. Le mamme andavano avanti e indietro da casa per accompagnare i figli più piccoli. Le ragazzine più grandi dell’ultimo turno non furono più mandate a scuola per paura dei pericoli del buio. Il problema si risolse (?) caricando i bambini su un autobus Amat che li portava alla Scuola Lambruschini, allora inattiva, accompagnati dai PIP, che non avevano le competenze per contenere le monellerie di bambini stipati in un autobus. A pagare furono ancora una volta le ragazzine, che ‘giustamente’ non furono più mandate a scuola.
L’ultima scelta inopportuna è stata quella di togliere il Servizio Sociale dal quartiere.
Per ovviare al grave disagio per le madri, quando vengono convocate, il Servizio Sociale faceva da filtro tra il problema dell’evasione e le famiglie.
Non so adesso, ma so per certo che c’è stato un periodo nel quale la segnalazione dell’evasione, che può portare anche a togliere la potestà genitoriale, veniva fatta direttamente dalle Insegnanti al Tribunale dei minorenni.
Come si può amare una simile Scuola?
Bice Mortillaro – Presidente Onoraria Ass. Laboratorio Zen Insieme