Di campetti, telecamere e beneficenza

È molto bello il contributo del Palermo Calcio, che ha scelto di recuperare un altro spazio nel nostro quartiere, un altro campetto a disposizione delle nostre ragazze e dei nostri ragazzi, all’interno della Scuola Falcone, dopo aver deciso di donare alla scuola l’impianto di video sorveglianza.
Quella scuola e quel campetto, per altro, sono luoghi a cui siamo molto affezionati. Li abbiamo attraversati per anni in passato e nel campetto trovava casa anche la nostra attività educativa portata avanti attraverso lo sport, ancora oggi perno del nostro intervento in quartiere, anche perché all’epoca non esisteva ancora il Campetto Andrea Parisi, spazio fortemente voluto dal quartiere, pubblico, autogestito e curato soprattutto dagli abitanti del quartiere.
Dopo aver visto il servizio andato in onda ieri su Le Iene non possiamo tuttavia tacere alcune altre cose.
Abbiamo sempre ritenuto che non servano telecamere e recinzioni, bensì dialogo e cooperazione per proteggere gli spazi, ma adesso occorre soprattutto focalizzare l’attenzione su cosa occorra per proteggere il quartiere da stereotipi e pietismo, anziché proteggersi da esso.
Direte, come fa il bomber Crivello, che ci sono però “quei vandali” che distruggono tutto. E se il racconto complessivo fosse davvero quello, come non invocare davvero solo telecamere e spazi custoditi da chi è meglio di quei vandali? In quel caso avreste ragione. Noi però siamo chiamati ad allargare lo sguardo e vedere come in quartiere non è tutto vandalizzato e distrutto e quindi a fare una riflessione più profonda.
Le nostre bambine e i nostri bambini meritano la tutela del diritto al gioco e alla socialità, alla salute e alla sicurezza nei loro luoghi, oltreché il fondamentale diritto alla crescita formativa e culturale. Tutto ciò però, da solo, non basta a costruire il riscatto di una comunità. Per fare quello occorre scardinare anche il metodo con cui le rivendicazioni si portano avanti.
E’ fondamentale ribadire che il rispetto dei diritti non può attendere oltre e che tali diritti non devono essere ottenuti pagando il prezzo del rafforzamento dello stigma da cui facciamo di tutto per liberarci.
Esiste una differenza fondamentale tra il rivendicare e una beneficenza, richiesta e ottenuta, a volte e con nostro estremo stupore, perfino da chi, per ruolo, i diritti dovrebbe garantirli.
La riduzione allo stereotipo, che ci ferisce ogni qualvolta siamo costretti a leggere del nostro quartiere come una realtà immutabilmente irredimibile, magari perché questa narrazione è funzionale a suscitare empatia e a stimolare beneficenza, è un boomerang: otterremo anche risultati, ma il prezzo da pagare è troppo alto.
La nostra è una comunità già sufficientemente vittima delle diseguaglianze, ma che merita di essere messa in condizioni di dimostrare che è molto altro rispetto a cosa la gente vuole sentirsi dire per pensare che meritiamo qualcosa di buono.
Proprio perché sappiamo benissimo anche noi che serve ancora tantissimo lottare, non possiamo oggi non raccontare anche il fatto che, ormai un anno fa, ottenevamo un piccolo finanziamento e chiedevamo al Comune di Palermo di essere autorizzati a effettuare un intervento per il campetto Andrea Parisi, a costo zero per le casse comunali, ma decisamente tanto utile a coltivare quel senso di comunità che vuole che ciascuno faccia la propria parte affinché le cose funzionino davvero, non alimentando frammentazione ed esclusione sociale.
Ancora oggi, purtroppo, aspettiamo di potere recuperare una struttura pubblica e di pubblico accesso le cui condizioni minacciano la sicurezza delle bambine e dei bambini che ad ogni ora, senza cancelli a sbarrare loro il passo, affollano questo spazio curato e mantenuto dalla comunità dello Zen per la comunità dello Zen, salvaguardato e protetto, non da telecamere, ma dallo sguardo attento degli abitanti che ne riconoscono e apprezzano il valore.
Abbiamo agito con la consueta fiducia nelle istituzioni preposte, senza cercare scorciatoie e senza far leva su narrazioni stantie, perché pensiamo che il nostro quartiere meriti una straordinaria ordinarietà.